"Il grande Gatsby" di Baz Luhrmann
Due settimane fa, assieme ad un'orda indistinta di persone che per la maggior parte (come al solito) si recava al cinema essenzialmente per moda, ho visto il nuovo film di Baz Luhrmann "Il grande Gatsby", basato sull'omonimo e famosissimo romanzo di Francis Scott Fitzgerald. Conoscevo già Luhrmann avendo visto durante il liceo il film "Romeo+Giulietta", che non è di certo paragonabile al più classico ed elegantissimo "Romeo e Giulietta" di Zeffirelli, ma a mio parere ha comunque un suo perché. Ciò che trovo piacevole del cinema di Luhrmann (e che in molti reputano invece triviale) è il fatto di mescolare in maniera originale fatti letterari e frammenti di attualità, dei frammenti che possono essere a seconda dei casi un'ambientazione moderna immaginaria oppure una musica hip-hop attuale che nulla ha a che vedere con i "Ruggenti anni Venti". Non starò qui a raccontare la trama de "Il grande Gatsby", che è reperibile ovunque e che sarebbe riduttiva, ma mi vorrei soffermare maggiormente su quello che mi è piaciuto del film. E' stato in gran parte distrutto dalla critica, ma io l'ho trovato piacevole, elegante nella sua esagerazione e perfettamente adatto al messaggio dell'opera. Le ambientazioni, le scenografie, i costumi, dovevano essere necessariamente parossistici nel loro insieme, per esprimere meglio l'idea del lusso e dello sfarzo sovrumano in cui Jay Gatsby navigava a vele spiegate. E' inutile essere edulcorati quando si vuole descrivere in modo calzante una realtà fatta di soldi, soldi ovunque, soldi peraltro derivanti da traffici illegali. Dite la verità: le scene di "Scarface" avrebbero avuto lo stesso effetto su di voi se fossero state ambientate in una piccola casetta dimessa?! Sarebbero state credibili?! Non credo.
Ma passiamo ora all'analisi dei personaggi. La letteratura è piena di personaggi femminili gretti, pusillanimi e insignificanti, ma credo che nessuno sfiori il degrado di Daisy, la protagonista femminile del romanzo e del film. Una frase che esce dalla sua bocca mi ha molto colpita:" Sono contenta che sia una bambina. E spero che sia stupida: è la miglior cosa che una donna possa essere in questo mondo, una bella, piccola stupida." Le donne che corrono dove ci sono i soldi sono stupide, le donne che fanno finta di provare dei sentimenti per poi dimenticarli un secondo dopo sono stupide. Molte donne di oggi potrebbero chiamarsi Daisy, anche se mi dispiace dirlo.
E Nick Carraway? Alcuni lo hanno definito in maniera a mio parere eccessivamente superficiale "lo sfigato di turno". Io userei un'altra parola, ormai atavica e spesso dimenticata, soprattutto per descrivere un uomo: sensibile. Nick è solo una persona sensibile che ha la fortuna di rendersi conto del lerciume cosmico che lo circonda, è l'unico che, alla fine, riesce a distinguere chi è vero da chi è falso, chi è meritevole d'affetto e chi no, chi ha sempre dissimulato i suoi sentimenti e chi, nel bene o nel male, non lo ha mai fatto. Sarà la superficialità del mondo circostante a decretare il suo male di vivere, come capita a tutti quelli che a mio parere riescono a guardare con lucidità la realtà che li avvolge ma non li include.
E infine Jay Gatsby, il personaggio che tutti i puritani benpensanti si limiteranno a definire "cattivo", non comprendendo la schiettezza dei suoi intenti e la genuinità dei suoi sentimenti. I mezzi attraverso i quali si fa strada nel mondo non sono certo dei più ortodossi, ma li utilizza per un fine cristallino, per "puntare in alto" ed inseguire quella "luce verde" che anima il suo intero cammino. Allora ci si chiede: chi è veramente corrotto internamente, chi finge di continuo o chi è fedele a se stesso, insegue il proprio sogno e procede per la sua strada, pur percorrendo sentieri deprecabili? A voi la scelta, con la speranza che ognuno di noi insegua la sua "luce verde in fondo al pontile", o perlomeno la trovi prima o poi.
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